Psicoterapia, La danza della giovinezza - psicologo Milano-Pavia

OGGI


Elogio di un'analista. E dell'analisi

di Monica Kleinefeld


Il 18 febbraio 2016 è mancata improvvisamente la psicoanalista Paola Molone.

Avrebbe compiuto 77 anni il 16 marzo, Paola Molone. Aveva diminuito l'attività professionale, non faceva più analisi, ma era ancora attiva. Lucidissima, capace, generosa, come sempre.
La conoscevo dal 1997, quasi vent'anni, è stata la mia analista e l'ho frequentata anche di recente.
Le dedico questo ricordo, del tutto personale, con infinita gratitudine.


Fiori

C'erano sempre fiori freschi nel piccolo vaso di vetro dello studio. Peonie, tulipani, fiori a bulbo... discreti e gentili. Amava le piante e spesso, dalla strada, la si vedeva intenta a fare del piccolo giardinaggio sul terrazzino della graziosa palazzina inizi Novecento.
Anche il suo sorriso era gentile e discreto. Socchiudeva gli occhi, fin quasi a una fessura, e abbassava lo sguardo, con una movenza del capo che la faceva sembrare, forse, anche un po' timida.
A volte, alla fine delle sedute, sembrava quasi distante, ma so che era semplicemente assorta, ancora immersa nell'atmosfera della seduta stessa. Dico che lo so perché una volta ne parlammo.
Il nostro non è stato un rapporto di amicizia, ma una relazione analitica, quindi mai ho saputo da lei cose della sua vita (in analisi si usa così, i motivi ci sono). Mi è capitato - questo sì - di incontrarla in Cineteca, o a qualche concerto di musica classica, e lì ho scoperto che avevamo interessi in comune, cosa che, ovviamente, mi ha fatto piacere.
Naturalmente, ci accomunava anche il fatto di essere colleghe. Ma questo aspetto, nella nostra relazione, non aveva una grande importanza. Inoltre, avevamo studiato presso scuole di formazione diverse e solo ogni tanto l'ho vista a qualche seminario o convegno.


Mondi interiori

Anche se non si conoscono la vita e la storia del proprio analista, la relazione analitica può essere profonda, perché mette a contatto i mondi interiori, quelli più intimi.
Credo di poter dire di averlo un po' conosciuto, il mondo interiore della mia analista. Quello che io ho conosciuto (non pretendo sia tutto, anzi) e amato era abitato da antiche dimore, di pietre e legno, da giardini intricati ma armoniosi. Profumava di limoni, di pomodoro, aglio e basilico, di caffè, di cera, di lenzuola fresche di bucato. Vi erano ombre, ma quelle dei quadri degli impressionisti, bagnate dalla luce del sole. Un mondo che risuonava dell'acqua di una fontana, di ronzii d'api, di note di pianoforte, di parole sottovoce, di risate sommesse, dell'acciottolio di tazzine. Un mondo di una femminilità antica, profonda, forte, elegante, ma senza manierismi. Con una punta di trascuratezza sognante, anche un poco indolente, che a me evocava la femminilità di Madame Chauchat nel Silenzio incantato di Thomas Mann, mia lettura giovanile. Nel ricordarla, alla cerimonia funebre, un'amica di Paola Molone ha accennato al fatto che la sua vita è stata segnata anche da prove difficili (io avevo comunque presente che era nata nel 1939, l'anno in cui scoppiava in Europa la Seconda guerra mondiale). E negli ultimi anni alcuni problemi di salute mi mostravano direttamente le sue fatiche. Ma il suo mondo interiore per me è sempre stato fondamentalmente fonte di serenità. Deve aver avuto anche un bravo analista, o una brava analista.


L'analista

Paola Molone era un'analista sensibile, acuta, curiosa, colta, dotata di un grandissimo senso dell'ironia. Capace di ascoltare e confrontarsi con qualsiasi tema, anche con argomenti di attualità e di politica.
Generosa, laboriosa, mai impaziente. Profondamente rispettosa: quel rispetto di cui parlava un'altra grande analista, Luciana Nissim Momigliano. Quel rispetto vigile che lascia il paziente profondamente libero, ma mai solo.
E altrettanto capace di empatia, di risonanza, con il dolore del paziente e del mondo, e con la gioia. Solidale.
Formatasi alla rigorosa scuola della Società di psicoanalisi, era però estremamente aperta: mai si sottraeva a nuove forme e modi della relazione analitica.
L'interazione con l'altro era autentica, dal paziente si lasciava coinvolgere senza chiusure pregiudiziali, in un continuo scambio relazionale profondamente trasformativo (che a me evoca in particolare il pensiero di Bion). La sua formazione e la sua intelligenza erano costantemente all'opera, in ogni seduta, in cui grande parte aveva - classicamente - l'interpretazione. Ma sempre nel suo stile: accurato, delicato, discreto, rispettoso, anche nella pacata - a volte quasi leggermente impacciata - e mai scontata scelta delle parole.
Non ha scritto molto, Paola Molone; almeno, poco vi è di pubblicato. Ma ha molto fatto.


Grazie

Sono stata fortunata, nell'incontrare questa guida e compagna di viaggio analitico. Che sono convinta sia stato di entrambe. L'analisi non è una passeggiata, ma può essere un viaggio affascinante.
E il mio elogio sincero di Paola Molone coincide qui con l'elogio dell'analisi (quando l'analista è bravo). Uno spazio di esplorazione e di libertà profonda all'interno di una relazione intima, appassionata, tenace. Una linfa vitale. Una ricerca di senso al nostro essere al mondo.

Grazie, dottoressa. Le parole che ho scritto non gliele posso più dire in questo modo più compiuto, ma in parte sono riuscita a farlo negli anni e credo che lei abbia saputo che le pensavo. Lo dicevano anche alcuni miei sogni. Ciò mi conforta un poco.

Grazie, dottoressa. Porto le sue, di parole, con me, e so che continueremo a parlarci, nel mio mondo interiore, con quel fitto "chiacchierio" che Cézanne immaginava si svolgesse fra le caffettiere e le tazzine dei suoi dipinti.
E, naturalmente, la porto con me nel mio lavoro ogni giorno, per come posso.


Paola Molone era psicologa e psicoanalista, membro ordinario della SPI (Società psicoanalitica italiana) e dell'IPA (International Psychoanalytic Association). Tra i diversi incarichi svolti per la SPI, è stata membro del direttivo del Centro milanese di psicoanalisi, come responsabile del servizio clinico per adulti, dal 1990 al 1994, e redattore della "Rivista di psicoanalisi" dal 1997 al 2004. Oltre all'attività privata, ha lavorato come consulente per vent'anni nelle istituzioni pubbliche, prima presso l'Ospedale psichiatrico provinciale Paolo Pini e successivamente nei servizi territoriali della regione, con compiti di consultazione e psicoterapia a orientamento analitico. Si è interessata dal punto di vista teorico e clinico del setting, dell'assetto mentale dell'analista, dell'approccio relazionale in psicoanalisi. Insieme ad alcuni colleghi con i quali ha lavorato per molti anni in un gruppo di studio, ha pubblicato sulla "Rivista di psicoanalisi" due lavori su questi temi: G. Fiorentini, G. Frangini, P. Molone, M. Mori Ubaldini, A. Robutti, Dalle regole del setting all'assetto mentale dell'analista nel 1995; G. Fiorentini, G. Frangini, P. Molone, M. Mori Ubaldini, A. Robutti, V. Savoia, L'inconscio nelle prospettive relazionali nel 2001.

- Link: spiweb.it


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