Sapere Ascoltare - Psicologo Milano Pavia

OGGI


Saper ascoltare

Fin dai primi mesi di vita intrauterina la mamma, e poi entrambi i genitori, si pongono in una modalità di ascolto del bimbo che cresce (vedi anche Benvenuto, figlio mio, chi sei?).

L'ascolto dell'altro, che pare così istintivo nei genitori rispetto al figlio piccolo (anche se non sempre, purtroppo, è così), nelle fasi successive della vita, quando prevale la modalità di comunicazione verbale, sembra perdere qualità e importanza.
Nella nostra società pare che tutti abbiano bisogno di dire, esprimersi, farsi sentire, ma vi sia una preoccupante incapacità di ascolto.
E allora, a chi si dicono le cose che si sente la necessità di esprimere? Chi sarà capace di ascoltarle davvero?


Gli "ingredienti" di un buon ascolto

Porsi in ascolto non è facile. Comporta una buona dose di curiosità e interesse per l'altro e una certa serenità interiore, la possibilità di avere uno spazio interno "libero", disponibile a ricevere le parole, i pensieri e le emozioni dell'altro. Senza immediatamente assimilare l'esperienza dell'altro alla propria (vedi anche Il gusto degli altri), senza immediatamente giudicare, ma con rispetto e umana empatia. L'ascolto rispettoso è il titolo di un bellissimo libro (2001) di una grande psicoanalista italiana, Luciana Nissim Momigliano (1919-1998).
Ovviamente, in un colloquio psicologico o in una psicoterapia, la capacità di ascolto dello psicologo è fondamentale, ma anche molte altre professioni la richiedono... o richiederebbero.

Vi sono in effetti casi in cui la quantità di dolore è tale che risulta indicato rivolgersi a un "professionista" dell'ascolto, perché difficilmente parenti e amici possono sostenere - magari a lungo - pesi tanto gravi.

Tuttavia, sarebbe importante che ognuno di noi riuscisse a particare maggiormente la capacità di ascolto: di sé stessi, innanzitutto, ma anche dell'altro. La comprensione reciproca e la qualità delle relazioni umane ne sarebbero sicuramente avvantaggiate.


Se qualcuno ci chiede di essere ascoltato

"Perché questa persona desidera il mio ascolto? Come si sente? Qual è l'esperienza che vive e vuole comunicarmi? È uno sfogo, cerca consolazione, vuole un punto di vista diverso, un consiglio, un aiuto concreto? Ha bisogno di chiarirsi le idee parlando (parlare serve anche a pensare) e confrontandosi o, più semplicemente, di condividere qualcosa con me, farmi partecipe?" (ascoltare non significa solo ascoltare dolori, ma anche altre esperienze).
Queste sono alcune delle domande che ci si può porre se qualcuno dimostra di avere bisogno o piacere del nostro ascolto.
L'ascolto più profondo deve lasciare spazio al racconto dell'altro. Qualche domanda va bene, ma solo se il nostro interlocutore mostra di essere in difficoltà nel proseguire o se si ha bisogno di qualche chiarimento; non interrompere, non imporre il proprio punto di vista.

Un esempio abbastanza classico e molto delicato. Un amico o un'amica ci racconta le sue pene sentimentali: teniamo sempre presente che la sua esperienza di cosa è l'amore, il suo tipo di sentimento, le sue credenze rispetto all'argomento non sono necessariamente i nostri; l'interlocutore non ha bisogno di essere "investito" con massime generali né suggerimenti particolari non richiesti. Ci sarà tempo dopo, eventualmente, per altro.

E questo vale per qualsiasi argomento anche nell'incontro con semplici conoscenti o con perfetti sconosciuti, con cui capita di scambiarsi, casualmente, quattro chiacchiere.


L'ascolto non esplicitamente richiesto

A volte l'altro non ci chiede esplicitamente di essere ascoltato, forse fa fatica a domandare. Se riusciamo a intuire il suo bisogno di ascolto e siamo disponibili, si può provare a fare una semplice domanda: "Come va? Hai tempo per due chiacchiere?".
A tutti fa piacere essere ascoltati da un buon ascoltatore.

Naturalmente non è necessario (né possibile) ascoltare tutti coloro che si incontrano sul proprio cammino, al contrario, è sconsigliabile. Si può finire per essere sommersi dai problemi altrui.

Fra adulti e fra pari ci si aspetta che, se uno ha bisogno di parlare, lo faccia. Se si vede un amico, un parente, o il proprio partner, in difficoltà rispetto a questo è sempre buona cosa sollecitarlo ad aprirsi, ma non si può pretendere che ognuno di noi faccia dell'ascolto una missione o una vocazione. Anche imparare a chiedere ascolto è importante.

C'è però un ascolto non richiesto a cui è sempre bene prestare attenzione: quello dei bambini e dei giovani, soprattutto se si è genitori, ma in generale in ogni occasione in cui si sia in contatto con loro (in particolar modo se si è insegnanti, educatori, medici...).

I bambini e i giovani hanno bisogno di un ascolto del tutto speciale, perché hanno assai meno strumenti degli adulti per interpretare la realtà e per chiedere, eventualmente, aiuto, e perché il loro strumento di comunicazione non è necessariamente il linguaggio verbale.
L'ascolto si fa qui attenzione, osservazione, domanda implicita ("Cosa gli accade? Cosa pensa? Cosa prova? Come sta crescendo?"), interesse, sollecitudine. Senza essere ossessivi!
È, ovviamente, una questione estremamente complessa e delicata, che merita un approfondimento a parte (vedi anche Aiuto, mi stanno crescendo i ragazzi!).


Ascoltare chi ascolta

Vi sono persone più capaci di ascolto, altre meno, anche se, come abbiamo detto, cercare di affinare le proprie capacità di ascolto è benefico, per le relazioni umane.

Ricordiamoci però di una cosa, che si tende a dimenticare: anche il buon ascoltatore ha piacere e bisogno di essere ascoltato!


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