Solitudini - Psicologo Milano Pavia

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Solitudini

Molti modi per essere soli

La solitudine non è necessariamente una condizione negativa, dipende dal modo in cui è vissuta e utilizzata (vedi D. W. Winnicott La capacità di essere solo, 1958).

Ma, a fronte di buone e creative esperienze e condizioni di solitudine, esiste una solitudine "maligna" di cui molti soffrono.
Capita spesso, allo psicoterapeuta, di incontrare nel proprio studio persone adulte profondamente sole. Non si tratta di un fenomeno che si manifesta in tutta la sua evidenza solo negli studi degli psicologi: nonostante un mondo sempre più - apparentemente - interconnesso, questo tipo di solitudine è in aumento.

Le persone più sole sono naturalmente quelle che non hanno un partner né veri amici. Magari un amico o due di antichissima data, con cui però non c'è vera intesa, solo abitudine. Oppure soltanto conoscenti, con i quali le relazioni sono superficiali e insoddisfacenti: il collega con cui ci si scambia qualche battuta alla macchinetta del caffè, il vicino di casa con cui si commenta la sorte del giardinetto condominiale aspettando l'ascensore, il barista con cui si parla del tempo...

Meno sole, ovviamente, le persone che hanno un partner o una famiglia - di origine e/o propria - ma che comunque non hanno amici con cui condividere interessi extra-familiari e confidarsi rispetto a ciò che - magari - in famiglia non va.
I rapporti familiari possono essere ricchi, positivi e appaganti, ma sarebbe bene che non esaurissero l'intero mondo relazionale di una persona.

Del resto, la solitudine non è soltanto assenza di relazioni: può anche essere sostanzialmente avvertita come una condizione emotiva.
Questo può dipendere anche dal fatto che le sensibilità e i bisogni di tipo "psicologico", al giorno d'oggi, sono accresciuti, rispetto a un tempo (vedi Perché vi è tanto bisogno di psicologi, oggi?)


Il contesto sociale

Sebbene non abbia alcun senso idealizzare i "bei tempi andati" (ogni epoca ha le sue criticità e le sue risorse), è pur vero che alcune condizioni della vita di oggi, specie in città, non aiutano a creare opportunità adatte a chi molto socievole non è: tempi frenetici, lunghi tragitti per raggiungere i posti di lavoro, telelavoro, automazione, grandi caseggiati senza spazi comuni, sempre minor importanza della vita di quartiere...
Ne è penalizzata la socialità della quotidianità, quella che permette di incontrare e conoscere gente semplicemente sul posto di lavoro, scendendo in cortile, andando a prendere i bambini a scuola o a fare la spesa sotto casa...


Soli: che fare?

Come in altri articoli ci capita di dire, nelle relazioni nulla è mai semplice o scontato. Se avete questa aspettativa, dobbiamo purtroppo avvisarvi che siete sulla strada sbagliata.
Avere amici autentici, con cui l'intesa è profonda, non è facile.
Anche l'amicizia, come l'amore, comporta un processo di ricerca attiva,
quindi di conoscenza di sé e dell'altro, e di confronto. Può procurare delusioni, rotture, dolore, a cui seguono riparazioni e nuovi equilibri oppure definitive separazioni.
"Coltivare amicizie", lo dice l'espressione stessa, è un po' un "lavoro", a cui porre attenzione e cura. Senza intestardirsi né deprimersi, quando si verifica che manca reciprocità, e consapevoli dei propri e degli altrui limiti (vedi anche Il gusto degli altri)

Per coloro che fanno fatica a intessere rapporti, per i timidi, gli insicuri, è importante tenere presente che gli altri non sono diversi da noi: l'uomo è un animale sociale, tutti hanno bisogno di amici, c'è chi fa più fatica e chi ne fa meno, ma l'altro non va considerato come un "alieno", per di più brillante e capace, mentre noi siamo solo degli "inetti".
Curiosità, empatia, rispetto, tatto sono gli "ingredienti" di base per avvicinare le persone. Sapersi porre in ascolto è fondamentale (vedi anche Saper ascoltare).

E in concreto? Non rifuggire dal contatto che pare banale, dalla chiacchiera di circostanza, dal contatto episodico, anche se non si sa se avrà seguito: le amicizie (e spesso anche gli amori) non nascono da un colpo di fulmine, hanno bisogno di tempo per potersi sviluppare. Quindi, ovviamente se la persona ci interessa, proporre (senza essere insistenti) occasioni di incontro, non impegnative, per verificare la disponibilità e l'interesse dell'altro e il nostro stesso: un caffè, un aperitivo.

E - assolutamente - provare a inserirsi in qualche gruppo, anche se si fa fatica. A scuola, bene o male, qualche amico lo si aveva tutti, la "durata" del contesto aiuta.
Perché, se certi aspetti della socialità oggi sono penalizzati, d'altra parte le opportunità d'incontro sono senz'altro maggiori di un tempo: corsi di ogni genere, convegni, gruppi di lettura, di maglia, cori, associazioni politiche, culturali, ambientali, ricreative, di volontariato di ogni tipo, viaggi di gruppo...
Per i credenti, anche la parrocchia o il centro religioso della propria confessione costituiscono riferimenti aggregativi importanti.
Per di più, avere un obiettivo comune, rinforza positivamente i legami fra le persone del gruppo.
Coltivare interessi, condividerli, può essere un punto di partenza fondamentale per l'adulto che sia rimasto - per vari accadimenti della sua vita - molto solo.


© Riproduzione riservata


Immagine: Hiroharu Matsumoto, Headwind. via: hiroharu-matsumoto.tumblr.com


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